lunedì 17 dicembre 2012

Un mondo che deve morire ... un mondo che deve nascere

Per quel che so la Nasa ha solo confermato che probabilmente ci sarà un grande oscuramento nel cielo il prossimo 21 dicembre, quindi niente paura, il mondo non finisce qui. Però qualcosa accadrà, anche di questo sono certa!
Guarda caso il calendario dei Maya si fermava al 21 dicembre, il giorno in cui, da tempi immemori, si celebrava il ritorno della Luce nel mondo, perchè si tratta, ancora oggi, del giorno in cui la luce del sole lentamente e sempre di più, progredisce, fino a arrivare al culmine del 21 giugno. L'evidenza di questo incedere si rendeva visibile nel cielo dopo almeno 4 giorni, il 25 dicembre, e grandi festeggiamenti venivano fatti in ogni cultura del pianeta da millenni. 
Io credo che qualcosa succederà e che sta già succedendo e non si tratta della morte del nostro pianeta ma casomai della morte di un mondo, il mondo in cui noi siamo abituati a vivere.
Deve morire il mondo in cui noi lasciamo morire noi stessi, 
deve morire il mondo dei privilegi che abbiamo conosciuto e che abbiamo paura di perdere,
deve morire il mondo in cui gli uomini cercano di avere ragione gli uni sugli altri e che credono di avere la verità in pugno,
deve morire un mondo in cui la politica, le religioni, i pregiudizi e le superstizioni dividono gli essere umani anziché unirli,
deve morire il mondo delle armi, dei carri armati, dei bulldozer e delle bombe, perchè non c'è bisogno di difendersi se non c'è attacco,   
deve finire il mondo dell'arroganza, dello strapotere, delle certezze assolute e dell'indifferenza,
deve finire il mondo in cui le donne hanno paura di rimanere sole o hanno paura dell'uomo che hanno accanto,
deve finire il mondo in cui le donne sono una contro l'altra e lottano per il favore del sultano,
deve finire il mondo degli uomini che vogliono donne progredite e poi pretendono mogli/compagne e amanti devote e succubi,
deve finire il mondo degli uomini che seppelliscono i propri sentimenti e vivono unicamente di raziocinio,
deve finire il mondo in cui i padri e le madri plasmano i figli secondo gli ideali che hanno in testa senza accettare la loro anima e il loro destino,
deve finire il mondo in cui pochi si arricchiscono e molti muoiono di fame o forse deve finire l'epoca dei soldi e deve ritornare quella del baratto,
deve finire il mondo in cui si ha paura delle proprie emozioni e di quelle degli altri, dei coinvolgimenti eccessivi, delle paranoie inutili e deve venire quella in cui impariamo a lasciarci andare davvero e a lasciare che l'altro sia ciò che deve essere,
deve finire il mondo della noncuranza che abbiamo per Madre Terra che finirà per ucciderci tutti,
deve finire il mondo in cui gli esseri umani valgono per quello che hanno e non per quello che sono,
deve finire il mondo in cui vendiamo il nostro Sè per compiacere e per essere accettabili,
e finirà di conseguenza il mondo in cui la moda ci dirà come possiamo essere belli, finirà quello dei contratti che ci garantiscono qualcosa, finirà quello delle pensioni assicurate e quello dei lavori a tempo indeterminato, delle borse che saltano e dei telegiornali venditori di fumo e orrori ....
E allora ... cosa ci resterà allora? Niente di concreto, niente di razionale, solo la fiducia nell'oggi e nel domani, nel sole che sorge e nelle nostre forze, la speranza che l'essere umano ha risorse illimitate e che, come è sopravvissuto sempre, potrà sopravvivere ancora.
Sopravviverà chi si saprà adattare, chi tra le macerie saprà ricostruire invece di stare lì a lamentarsi, chi si troverà unito a qualcuno con il cuore e con l'anima ma non lo vincolerà mai a sé, chi saprà trovare un gruppo di propri simili con cui condividere e collaborare, chi creerà comunità in cui il rispetto, l'empatia, il senso della responsabilità e l'Amore prevarranno su tutto.
Questo solo può essere il mondo che sopravviverà, perchè in questo, per come sta procedendo, non potremo fare altro che morire come mosche!

Lucia Aquilù Padovani





domenica 2 dicembre 2012

OGNI ABISSO E OGNI IMMENSITA'

Me ne stavo sulla torre di Serravalle ieri e guardavo l'orizzonte. 
Dall'alto tutto appare tanto diverso, le auto che passano, la gente, le case, le montagne, la natura ... tutto assume un'altra dimensione e cambia anche il paesaggio dentro di noi. Il tempo non era nemmeno invitante, ho dovuto tenere l'ombrello aperto per tutto il tempo, ma proprio per questo nessuno è venuto a rompere le scatole e io ho potuto ascoltare bene il mio cuore.
Mi guardavo intorno e ad un certo punto ho scorto il cimitero del paese e subito sono stata colta da una paura profonda che non era la paura di morire, ma la paura di non riuscire a vivere come vorrei.
Ho pensato a quante volte sono "morta" in questa vita e sono dovuta "rinascere", a quanti cambiamenti mi sono dovuta sottoporre; lasciare andare il vecchio per trovare il nuovo, toccare il fondo per risalire, battere delle dentate dolorosissime e rifarmi la bocca, mollare certe abitudini malate e reinventarmi ... oppure a quante volte mi sono ritrovata senza orecchie che avessero voglia di ascoltarmi o braccia che avessero voglia di stringermi solo per consolarmi, senza pretendere altro. 
Sentirsi sola. 
E quel senso di solitudine, quando lo conosci bene, diventa il tuo fantasma peggiore che non molla mai, e quel silenzio, che pare una voragine, cerchi di riempirlo in ogni modo possibile, anche con quello che ti fa solo star male.
Eppure c'è una paura, la più grande di tutte dentro di me adesso, ed è quella di non poter vivere fino in fondo ciò che io sono, di non poter "essere", di non saper assaporare con ogni parte di me tutte le occasioni che mi verranno concesse per la paura di smuovere questa piccola solidità che ho duramente conquistato. 
Osservare quel minuscolo cimitero dall'alto mi faceva vedere la peggiore delle morti: non avere l'opportunità di conoscersi per come siamo davvero, per il potenziale infinito che abbiamo detto, solo per non perdere il mondo che ci siamo costruiti. 
Qualsiasi cosa io possa essere, dalla santa alla prostituta, dalla guaritrice alla perversa, dalla luce del giorno al buio della notte, vorrei conoscere e dare respiro ad ogni parte di me, senza più avere paura di perdere qualcosa o qualcuno, perchè so che prima di tutto perderei me stessa e questa sarebbe la più grave delle morti.
Questo voglio adesso: smettere di giudicare o controllare quello che è bene e quello che è male perchè così è stato sancito dal mio giudice interiore e credere che esiste un luogo e un tempo, che solo io posso stabilire, per essere libera.
Da lassù sembrava possibile perfino poter volare e sembrava che le anime di quel cimitero mi implorassero gridando: "Sperimenta ogni tuo abisso e ogni tua immensità altrimenti non capirai mai perchè hai vissuto."

Lucia Aquilù Padovani








L’abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. 
Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portar le catene, a subir ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto. 
L’abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente, cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza e quando scopriamo di averla addosso ogni fibra di noi s’è adeguata, ogni gesto s’è condizionato, non esiste più medicina che possa guarirci.

(Oriana Fallaci)